BASKET – Altri 193 cm a rafforzare l’attacco della Passalacqua Ragusa.

Nuovo approdo alla Passalacqua Basket. E’ Clarisse Machanguana, 193 cm, nata in Mozambico e con esperienze di gioco tra la Wnba e la Spagna.

RAGUSA – La Passalacqua Spedizioni Ragusa annuncia l’ingaggio del pivot Clarisse Machanguana, 193 centimetri, 38 anni il prossimo 4 ottobre, nativa del Mozambico ma con passaporto italiano. L’atleta è da due giorni a Ragusa e si è subito unita al gruppo di coach Marco Savini. Clarisse ha giocato nell’Wnba Usa, la lega femminile americana, dal 1999 a 2002,  poi in Spagna nell’FC Barcellona dal 2003 oltre a rappresentare la sua nazione, il Mozambico, in Cina nel 2006.

Per conoscere meglio questa forte gicoatrice, riportiamo in basso un’intervista fatta nel febbraio del 2009 quando era in forza alla Bracco Geas di Sesto San Giovanni (MI). In cui forse precognizava di andar a giocare al Sud, visto che ama il caldo. Anche se aveva cominiciato a pensare, un paio di anni fa, di smettere con lo sport e dedicarsi al ruolo di mamma o allo studio.

Clarisse Machanguana, 193 cm, in forza alla Passalacqua.

Il presidente Gianstefano Passalacqua è entusiasta di questa operazione che accresce il tasso tecnico e d’esperienza della squadra: “Con Clarisse – ha dichiarato – compiamo un bel salto di qualità. Abbiamo valutato sia le indicazioni tecniche fornite dal coach che le capacità dell’atleta di far gruppo e di credere nel progetto della società. Siamo molto contenti della scelta compiuta. Abbiamo allestito una squadra forte e credo che il pubblico che ci seguirà quest’anno avrà molto da divertirsi”.

La forte lunga ha giocato negli ultimi sette anni sempre in A1. Nell’ultima stagione ha vestito la maglia di Parma, giocando una media di 21 minuti a partita nei quali ha segnato 9,8 punti e raccolto 7,6 rimbalzi di media. Nelle stagioni di A1 disputate (con La Spezia, Napoli, San Raffaele Roma, Pomezia, Sesto San Giovanni e Parma) ha centrato una media di 14,2 punti e 7,2 rimbalzi a gara.

Il campionato di serie A2 femminile avrà inizio il 2 ottobre e la Passalacqua Spedizioni sarà impegnata in trasferta a Orvieto._

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Intervista a Clarisse Machanguana, fatta nel 2009 da Iacopo Cattaneo, Bracco Geas.

In ogni squadra c’è bisogno di giocatrici di esperienza, che prendano per mano le più giovani, che diano l’esempio e che facciano da super-consigliera nello spogliatoio: per il Geas questa giocatrice è Clarisse Machanguana. La prima a regalare un sorriso, ma è anche la prima a presentarsi in campo prima delle partite a cercare la giusta concentrazione. Clarisse è bontà e serietà, intelligenza fuori dal comune e capacità di caricarsi la squadra sulle spalle: a 35 anni, dopo una vita sul parquet, è ancora un personaggio da scoprire. Nata in Mozambico il 4 ottobre 1973, è una di quelle atlete che ha girato il mondo: Usa, Brasile, Spagna, Francia e Italia sono le tappe di un lungo viaggio cominciato all’età di 17 anni. Sentiamo il suo racconto, ne vale la pena.

Clarisse, raccontaci come hai iniziato a giocare a basket?

“Quando vivevo in Mozambico le mie cugine giocavano a pallacanestro: a 6 anni mi hanno invitata al campo, ho provato e mi è subito piaciuto. A 14 anni sono entrata nella squadra Nazionale del Mozambico, il mio allenatore era portoghese e un giorno mi disse che in una squadra del suo Paese cercavano una giocatrice alla quale avrebbero pagato gli studi: non mi sono lasciata sfuggire l’occasione e sono partita”

In quella scuola è iniziata la tua avventura, con una compagna speciale

“Casualmente in quella stessa squadra c’era una certa Ticha Penicheiro: abbiamo giocato due anni insieme, all’inizio del secondo alcuni osservatori dell’Università di Old Dominion negli Stati Uniti sono venuti a vedere lei: ovviamente l’hanno scelta, ma hanno ingaggiato anche me. La nostra carriera è iniziata di pari passo, è una bella cosa essersi ritrovate ora al Geas, quasi alla fine della nostra avventura”

Dopo il college, la Wnba: che ricordi hai di quegli anni?

“Il primo anno è stato molto difficile: non ero una professionista ma mi allenavo e giocavo come se lo fossi. Tre partite alla settimana, 5 allenamenti di 3 ore l’uno più un’altra ora di pesi. Negli Stati Uniti vedono le giovani giocatrici come investimenti sul futuro, non lasciano nulla al caso. Anche l’integrazione non è stata facile, avevo studiato l’inglese a scuola ma quando poi ci si trova in un paese con una lingua diversa è tutto più difficile. Per fortuna mi aiutava Ticha che sapeva l’inglese un po’ meglio di me. Dopo un po’ ci ho preso gusto, i vecchi incubi si sono trasformati in un sogno”

In Europa hai giocato in Francia, Spagna e Italia: dove ti sei trovata meglio?

“In Italia, in particolare a Roma. A Milano mi sto ambientando bene, mi piace ma io amo il caldo: gli italiani mi vanno molto a genio, il clima di Roma è l’ideale per me, anche se devo dire che il Brasile, dove ho giocato, è la mia seconda casa”

Parlando delle tue origini, l’Africa è un continente che sta crescendo, anche nel basket: cosa ne pensi?

“Senza dubbio lo sport ha aiutato tanta gente nel mio Paese: io sono stata la prima giocatrice ad andare in America, altre atlete, come ad esempio Maria Mutola, nell’atletica hanno contribuito a far conoscere la nostra terra. Poi lavorando coi contatti giusti il movimento si è allargato. Mio fratello e mia sorella hanno giocato al College, in Mozambico sono stati organizzati tanti Camp di Università americane e non solo, a molti ragazzi è stata data l’opportunità di studiare. Per me è stato un sogno, un’opportunità di crescita anche intellettuale: nel mio paese c’era una sola Università per 18 milioni di abitanti, era difficile entrarci”

Nel tuo percorso quali sono le persone che ti hanno più aiutata?

“Ticha è stata una presenza costante in tutta la mia vita: l’ho conosciuta a 18 anni e fino ad ora non ci siamo mai perse. So che in ogni momento posso chiamarla e ricevere aiuto e conforto, è come una sorella per me. Ci sono poi tante amicizie che mi hanno fatto crescere. Sono nata in Africa, in un Paese povero: il mio sogno era studiare per poi avere tanti soldi; finita l’università sono andata a giocare in una lega che ora è fallita, l’ABL, dove guadagnavo tanto ma non ero felice. Lì ho incontrato una giocatrice, poi diventata mia amica, che mi ha sostenuto consigliandomi dei libri che parlavano dell’anima, dell’importanza di Dio e della valorizzazione di se stessi. Mi ha cambiato la vita, ho capito che se il lavoro va male questo non deve condizionare il privato. In Italia, a La Spezia, il primo allenatore è stato Mirko Diamanti: è nata una grande amicizia, fatta di alti e bassi come tutte ma è davvero una grande persona”

Adesso giochi nel Geas: come ti trovi?

“Molto bene, qui c’è tutto quello che vorrei da una squadra: voglia di vincere, di far bene ma soprattutto di crescere. C’è quell’attenzione per la persona, oltre che per la giocatrice, che rende questo ambiente davvero simile a una famiglia. Dentro ai corpi che corrono ci sono tante personalità diverse che hanno bisogno di un’atmosfera positiva, che qui a Sesto ho ritrovato. Le sconfitte non ci hanno scalfite, noi non siamo il nostro lavoro: certo, dopo una partita persa anche io ripenso a cosa non è andato, ma poi ricomincio da capo e vivo serenamente”

In spogliatoio tutte, soprattutto le giovani, ti guardano come si fa con un modello; tu a loro fai un po’ da chioccia: è un ruolo che ti si addice?

“Molto: certamente sono la più grande, forse la più esperta, ma fare un po’ la mamma è nel mio carattere. Ho sempre un occhio di riguardo per le più giovani, mi piace aiutarle se hanno problemi, capire il loro carattere. In generale voglio bene a tutti, sto bene quando tutti intorno a me sono felici. È nel mio carattere comportarmi un po’ da chioccia, non credo che riuscirei a fare altro”

Fuori dal campo di basket quali sono i tuoi passatempi preferiti?

“Amo cucinare, appena ho tempo mi chiudo in cucina e preparo ogni tipo di piatti ma quelli italiani mi piacciono tantissimo. Quando ero incinta non riuscivo a star ferma, mi annoiavo, quindi ho deciso di cogliere la palla al balzo: ero in Brasile, ho chiesto al cuoco dell’ambasciata americana di venire a casa mia a darmi “ripetizioni” di cucina italiana. Oltre a questo mi piace tantissimo leggere, in trasferta mi porto sempre un buon libro”

Hai già deciso cosa farai dopo la fine della tua carriera?

“Ci sto ancora lavorando! Mi piacciono molto i bambini, mio figlio Luca è una gioia. Mi piacerebbe avere altri figli ma non voglio offrir loro una vita senza mamma: non credo che potrei fare la manager, o comunque lavorare ancora per una squadra. Mi piacerebbe invece lavorare nel mondo accademico, in Mozambico, in Usa o anche in Italia, per confrontarmi coi giovani e approfondire quegli aspetti della personalità che mi interessano molto: sto pensando anche di ricominciare gli studi, magari facendo psicologia. Quello di cui sono sicura è che, dopo 17 anni di viaggi e trasferte, vorrei una vita normale”

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Dopo gli anni a Old Dominion, Clarisse Machanguana è stata scelta nel draft Wnba dalle Los Angeles Sparks (1999). Ha giocato a San Josè nella ABL, una lega di sviluppo statunitense. Nel 1999 comincia la sua esperienza in Wnba, nelle Charlotte Sting, dove rimane anche nelle stagioni 2000 e 2001. Nel 2002 passa alla squadra di Orlando per la sua ultima stagione in America. Contestualmente, come tante giocatrici, nelle pause tra un campionato e l’altro gira il mondo: nel 1999-2000 gioca in Brasile, nel 2000-2001 in Italia a La Spezia, nei due anni successivi va in Spagna (prima al Navarra poi al Barcellona). Nel 2003-04 torna in Italia e gioca a Napoli; salta la stagione successiva per la gravidanza del figlio Luca, ma nel 2004 Clarisse si rimette in gioco: per farlo si trasferisce in Francia, al Montpellier. Nel 2006 altro ritorno in Italia, in particolare a Roma, dove ha giocato prima di trasferirsi al Geas, la sua nuova famiglia.

Jacopo Cattaneo, Bracco Geas

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